il mio babbione, alias Livio, mi ha dato il permesso di pubblicare i suoi articoli di politica estera sul blog.
sulla questione della grecia ho capito poco, quasi niente, i suoi articoli mi hanno aiutata moltissimo, ora mi sento padrona della materia :)
copio ed incollo due articoli, uno esce domani, l'altro è di qualche giorno fa.
penso che proprio in questo periodo, siano cose che dovrebbero interessare tutte, fate voi.
sicuramente non avete il diritto di copiare pezzi e riportarli sul vostro blog, sono strettamente coperti da copyright.
"Da qualunque parte la si guardi, la situazione greca
uscita dalle elezioni di domenica scorsa è estremamente allarmante per Eurolandia.
Samaras, il leader di Nuova democrazia che ha ottenuto più voti (e il
relativo premio di maggioranza) ha
dovuto rinunciare dopo poche ore al tentativo di formare un governo che
portasse avanti la politica di austerità imposta dalla “troika” – Unione
Europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale - venuta in
soccorso del Paese con 170 miliardi di dollari. In base alla legge, martedì la
palla è passata ad Alexis Tsipras, capo della Syriza, la formazione di estrema
sinistra arrivata seconda, il quale ha
un programma diametralmente opposto: denuncia degli impegni assunti con la
comunità internazionale e reintegrazione degli stipendi e delle pensioni
tagliati su richiesta dei creditori: “Il verdetto popolare” ha sentenziato”
annulla queste misure. Per fortuna
dell’Europa e del suo Paese, neppure lui è stato in grado di mettere insieme
una maggioranza nel Parlamento di 300 membri entro il termine previsto. E’
toccato allora al terzo arrivato, il socialista ex ministro delle Finanze
Venizelos – cioè l’uomo che aveva negoziato e firmato gli accordi oggi rimessi
in discussione - il quale ha lanciato un appello per la costituzione di un
“governo di unità nazionale comprendente tutte le forze che vogliono mantenere
la Grecia nella UE e nell’Euro” e ha ottenuto qualche progresso rispetto agli
altri. Sia Samaras, sia il leader di Sinistra democratica Kouvelis, gli hanno
detto di sì, raggiungendo così in teoria una esigua maggioranza parlamentare,
ma entrambi hanno posto la condizione che anche Syriza sia della partita. Per
Tsipras, tuttavia, il boccone appare un po’ troppo indigesto: accettando,
rinnegherebbe non solo quanto ha detto tre giorni fa, ma tradirebbe anche i
suoi elettori. Ieri, ha ammorbidito un po’ le sue posizioni, ma non abbastanza
per consentire la formazione di una “grande coalizione”. Le previsioni sono,
perciò, che tra domenica e lunedì, il presidente della Repubblica Papoulias
convocherà i rappresentanti di tutti i partiti per un ultimo appello al loro senso di
responsabilità. Se anche questo passo estremo non avesse esito, nominerebbe un
governo di transizione e indirebbe nuove
elezioni tra un mese. La speranza è che l’elettorato, rendendosi conto del
pericolo, trasferisca un po’ di consensi dai partiti estremisti che pretendono
di stravolgere gli accordi raggiunti a quelli centristi che intendono, sia pure
con qualche nuovo distinguo, a tenervi fede. Il pericolo è che invece la gente,
esasperata per quello che molti
considerano il ricatto della Germania (la cancelliera Merkel è stata perfino
equiparata a Hitler), dia ancora più forza ai radicali di sinistra e di destra
e renda il Paese definitivamente ingovernabile.
Un mese di vuoto politico, inoltre, potrebbe riuscire
fatale. Gli altri Paesi, Germania in testa, e la stessa Commissione UE stanno
infatti perdendo la pazienza con una Grecia che reagisce al più costoso
salvataggio della storia premiando i partiti che pretendono di rinegoziare
tutto, a cominciare dal taglio di bilancio di 15 miliardi di dollari atteso
entro giugno. Il ministro dell’Economia tedesco Schaeuble ha dichiarato che
“nessuno obbliga i greci a rimanere nell’Unione, ma non si può essere membri di
un club se non se ne rispettano le regole”; e per buona misura ieri ha aggiunto
che Eurolandia è perfettamente in grado di far fronte a una fuoruscita della
Grecia.
Questa durissima presa di posizione ha un duplice
obbiettivo: da un lato, premere su Atene perché ritorni alla ragione,
dall’altra preparare il resto dell’Europa all’eventualità di una crisi. Ma che
cosa accadrebbe se di fronte al caos politico la troika sospendesse gli aiuti?
Già in maggio Atene potrebbe trovarsi nell’impossibilità di onorare i suoi
impegni e a luglio non avrebbe più neppure i soldi per pagare stipendi e
pensioni: salvo colpi di scena, il default e una svalutazione selvaggia prima
di tornare alla dracma diventerebbero inevitabili. Checché ne dica Schaeuble, una
soluzione del genere non mancherebbe di
avere ripercussioni nel resto dell’Europa: i capitali si affetterebbero a
fuggire dagli altri Paesi considerati a rischio, cominciando da Portogallo e
Irlanda, continuando con la Spagna e forse – se non si metterà in opera una
qualche forma di scudo protettivo - anche con l’Italia. Molte banche
fallirebbero e l’intera costruzione dell’Euro potrebbe crollare.
I greci hanno senza dubbio colpe gravissime, in primo
luogo quella di avere truccato per anni i propri conti pubblici. Tuttavia, il
loro caso ha anche contribuito ad alimentare la tesi che una politica di
eccessivo rigore, in una situazione economica già compromessa, può fare
precipitare un Paese in una recessione brutale da cui riuscirà poi quasi
impossibile riprendersi. Ad Atene, almeno in questa prima fase, è successo
proprio questo: le misure draconiane imposte dalla troika hanno fatto calare il
PIL di oltre cinque punti, spinto la disoccupazione oltre la soglia del 20% e
spinto un quarto della popolazione sotto la soglia di povertà. L’esasperazione
popolare ha prodotto prima violenti
disordini di piazza, poi favorito il successo degli estremisti alle elezioni.
Se vogliamo, proprio da Atene è arrivata la prima spinta ad integrare le misure
di austerità con altre che facilitino la crescita.
Qualcuno ipotizza perciò che, anche sotto la spinta del
nuovo presidente francese, la troika consenta a un prolungamento dei termini
per il pareggio di bilancio. Queste voci sono alimentate dai primi segnali di
ammorbidimento delle posizioni tedesche. Un compromesso servirebbe a rimandare
la crisi, ma creerebbe anche un precedente pericolosissimo, che potrebbe
contagiare tutti gli altri Paesi in difficoltà.
Siamo, una volta di più, a un confronto basato sulla
politica del rischio calcolato, con la speranza che la corda non si spezzi. Il
primo passo è che i greci si rendono conto che, fuori dall’Europa, li
attenderebbe un quinquennio di miseria nera, il secondo è che i tedeschi
annacquino un po’ il loro rigore dopo le cruciali elezioni di domani in
Renania-Westfalia. Come dice l’economista tedesco Dullien, “possibile, ma non
probabile”
Livio Caputo
ecco Livio:
l'articolo che esce domani:
"Saranno gli elettori, il prossimo 17 giugno, a decidere se
la Grecia rimarrà nella moneta unica o tornerà alla dracma e – di riflesso – se
l’Eurozona dovrà affrontare la più drammatica crisi della sua storia . Il
definitivo fallimento del tentativo di formare un governo di solidarietà
nazionale che accettasse i tagli imposti al Paese dai suoi creditori ha
costretto il presidente della Repubblica ad affidarsi a un governo di tecnici e
ritornare alle urne. Ora le ipotesi sono due: 1) L’elettorato conferisce,come
prevedono i sondaggi, la maggioranza assoluta a una coalizione di sinistra
capeggiata da Syriza, che si rifiuta di cedere al “ricatto tedesco (la Merkel è
stata perfino paragonata a Hitler) e vuole cancellare, o almeno rivedere a
proprio vantaggio, gli accordi firmati a febbraio per ottenere un aiuto di 130
miliardi di Euro e - in parallelo - azzerare i tagli alle pensioni e agli
stipendi che hanno causato grande disagio sociale. A questo punto, la troika
che ha organizzato il salvataggio – Unione Europea, Banca centrale europea e
Fondo monetario internazionale – potrebbe sospendere il versamento dei sussidi
e costringere il nuovo governo greco a uscire dall’Euro e proclamare il
default. La posta in gioco, tuttavia, è talmente alta per entrambe le parti che
ci sarà quasi certamente un ultimo tentativo di arrivare a un compromesso. Il
leader di Syriza Tsipras, primo ministro
in pectore, dovrà tenere conto che la maggioranza dei greci, pur rifiutando le
misure di austerità, vuole in realtà restare nell’Euro e che una fuoruscita
dall’Unione monetaria comporterebbe una svalutazione selvaggia (si parla del
50-60%), la distruzione del risparmio e almeno cinque anni di miseria nera. La
troika, dal canto suo, dovrà valutare se all’Europa conviene accettare la revisione
degli accordi pretesa da Atene o affrontare una perdita secca valutata a quasi
500 miliardi di Euro e tutte le incognite di una operazione senza precedenti, a
cominciare da una fuga di capitali dagli altri Paesi in difficoltà . C’è
addirittura chi sostiene che, in base ai trattati, la Grecia non potrebbe
tornare alla dracma senza uscire dall’Unione Europea. Nella sua scommessa,
Tsipras conta sull’aiuto del vento antirigorista che ha cominciato a spirare in
Europa; ma la Germania, pur essendo un po’ più aperta di prima alle esigenze
della crescita, sembra decisa a opporsi a concessioni di sostanza per timore
che l’esempio possa essere preso a modello da altri Paesi. Comunque, è
probabile che lo spazio per un negoziato aumenti con la paura.
2) Gli elettori, rendendosi conto del pericolo che la
sinistra porti il Paese alla bancarotta, trasferiscono un po’ di consensi dai
partiti estremisti che pretendono di stravolgere gli accordi raggiunti a quelli
centristi che intendono, sia pure con qualche nuovo distinguo, a tenervi fede.
In questo caso Nuova Democrazia, il Pasok e Sinistra democratica potrebbero
formare quel “governo della continuità” risultato impossibile con il Parlamento
emerso dalle urne il 6 maggio, la troika continuerebbe i suoi versamenti e i mercati
dovrebbero, almeno in teoria, calmarsi. Questa svolta verso la ragionevolezza
potrebbe essere favorita dalla notizia – del tutto inattesa – che nel primo
trimestre del 2012 l’economia greca, che dal 2009 era regredita del 25%
spingendo la disoccupazione oltre il 20%, è tornata modestamente a crescere.
Una cosa è certa: mai elezioni greche saranno seguite con
tanta attenzione in un’Europa, che – tanto per cambiare – si è già divisa in
due fazioni. Da un lato, i Paesi rigoristi convinti che l’uscita di Atene dalla
moneta unica sarebbe gestibile e comunque da preferirsi a una agonia prolungata
inevitabile nel caso in cui i greci non tenessero fede agli accordi.
Dall’altro, leader prudenti come il presidente di Ecofin Juncker e i Paesi più
esposti alle ripercussioni di un default greco, perché i mercati potrebbero
convincersi che un Euro depositato nelle loro banche vale meno di uno
parcheggiato nelle banche tedesche (o di qualche altro Paese con la tripla A).
Nel tentativo di evitare la rottura, finiranno col giocare al poliziotto
cattivo e al poliziotto buono".
Livio Caputo
questa invece è la foto che ho fatto l'altro giorno sul lago di como ad un personaggio che Livio definisce la mia collega:
guardate com'è carina!!!!!!!!!!!!
è un'anatroccola femmina, i maschi hanno le penne scure e sono arroganti come gli umani.
stavo tirando i pezzettini di pane e livo ha detto: "guarda come corrono, sanno che c'è una loro collega".
ho cominicato a ridere che non ce la facevo + :)
abbiamo una cosa che ci unisce: il senso dello humour.
meno male, è così importante.
poi altre cose che non vi interessano.
beh quindi, sono sicura che non leggerete nemmeno le prime dieci righe del suo primo articolo. posso dire, da parte mia, che oggi non si possono non conoscere queste cose, riguardano veramente e direttamente noi, cosa succederà se la grecia esce dall'euro.
personalmente sono molto preoccupata.
e penso un'altra cosa: avendo l'occasione di postare gli articoli di uno dei + importanti esperti di politica estera del mondo, sia un'occasione da non perdere.
un abbraccio
Franci la copiona